Ducumentu
Settimana santa

In Sicilia durante la Settimana Santa si svolgono ancor oggi in moltissimi paesi delle cerimonie popolari in cui la vicenda del Cristo dilata il suo orizzonte mitico-rituale fino a raggiungere quello delle feste agrarie precristiane. Nelle forme del rito e nei comportamenti dei fedeli sono trasparenti i segni di antichi complessi cultuali diretti alla rifondazione del benessere nel mondo, oltre e più che a una rigenerazione spirituale.

Maschere che oggi portano il nome di diavoli (Prizzi, Domenica di Pasqua) o di Giudei (San Fratello, dal Giovedi al Sabato Santo) si caratterizzano piuttosto come i dèmoni della terra che minacciosamente ritornario tra i vivi. Il Crocefisso che salta il fuoco (Sortino, Venerdì Santo), il lunghissimo tronco dalla cui cima si diparte un'ampia cupola di bende bianche (Pietraperzia, Venerdì Santo) e dalla cui stabilité dipende l'esito del futuro raccolto, i nudi di Assoro, la corsa e il ballo di giganteschi santi di cartapesta (più di un paese, la Domenica di Pasqua) si motivano a livello ideologico come riti propiziatori, forme di una religiosità sommersa ma non silente.

Su questo sfondo, per così dire paganeggiante, si levano i suoni delle bande musicali, le invocazioni gridate al Cristo o all' Addolorata (br. 1) i lamenti che in dialetto, in latino (quasi sempre deformato) e, più raramente, in italiano, intonano coralmente temi e motivi della Passione. Le lamentazioni sacre sono cantate in chiesa o, processionalmente, il Giovedì e più spesso il Venerdì Santo, mentre sfilano per le vie gruppi statuari, le vare, che raffigurano personaggi e momenti della Via Crucis. Sono canti polivocali caratterizzati, in genere, da una parte solista che svolge tra ricchi melismi i soggetti, e un intervento corale che segue generalmente i moduli armonici del falso bordone rinascimentale. Sia le musiche che i testi dichiarano la loro origine cuita o semiculta, ma è anche evidente il processo di elaborazione popolare. Li eseguono generalmente gli uomini, spesso, ma non sempre, iscritti a confraternite religiose. Le rigorose tecniche esecutive (almeno dove la tradizione è più integra), frutto di un lungo apprendistato, smentiscono Io stereotipo del "canto popolare semplice e spontaneo". La loro trasmissione, per quanto affidata all'oralità, ha come punto di riferimento un testo scritto.