L'apparenza statica omaggia gli eccessi...

Parlo di buttarci dalla prima finestra,
da ragazzi di mani oziose calcolanti la tua pelle,
e romperci, a bocca aperta, un labbro.
Voglio dire non aspettarsi niente
e ciò malgrado cercare una opportunità, comunque.
Parlo di non farlo per te, di piedi che
si insegnarono a ballare per mantenere
l'equilibrio, e d'una certa memoria
tra gli oblii d'abitudine.
Davanti allo spontaneo cannibalismo dei tuoi
occhi, parlo, libero da neutralità. Di mai
finire. Di qualche presagio.
Non seguiremo il rosario
di cicche del sotterratore.
Città deserta, luci abbandonate,
la statica apparenza è sempre stata
il sotterfugio dei terremoti.
Tendendo l'istinto del fruscio della calma
mangeremo paesaggi
con le dita.