Baruffe in Mariana

(liberamente tratta dal poema eroicomico La Dionomachia di Salvatore Viale)

Baruffe in Mariana

Baruffe in Mariana

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Atto unico

Personaggi

Arcangelo Michele
Astarot
Belzebù
Satana
Michelaccio, capopopolo di Lucciana
Bellicone, pievano di Lucciana
Pieron, sagrestano di Lucciana
Falone, sagrestano di Borgo
Strambone, capopopolo di Borgo
Manfrino, curato di Borgo
Pancotto, capopopolo di Borgo
Sornacone, capopopolo di Borgo
Ciapo, maire di Borgo
Pisciaritta, donna di Borgo
Rosa, donna di Borgo
Scappino, popolano di Borgo
Filignocca, popolana di Borgo, fidanzata di Scappino
Cecca, donna di Borgo
Togna, donna di Borgo
Cecco, priore di Borgo
Patacca, vicario del vescovo
Panzecul, capopopolo luccianese

 

SCENA I

 

Una stanza dalle pareti disadorne, priva di mobilio e suppellettili. Un'atmosfera sfumata, quasi surreale: predominano le tonalità grigie. In una angolo, in un cono di luce, seduti ad un tavolo, ci sono tre individui che parlano fra loro, visibilmente accigliati. Vestono abiti eleganti, formali. Hanno i capelli imbrillantinati. Sembrano in tutto e per tutto dei moderni manager o gangster americani anni '30: sono tre demoni. Stanno ripensando ad un episodio che molti anni prima li ha visti protagonisti sfortunati in un confronto con il loro rivale, l'arcangelo Michele. Mentre rimuginano l'episodio, il loro umore progressivamente si incupisce.

BELZEBU': ...certo, avemmo sfortuna, e soprattutto non ne uscimmo granchè bene.

ASTAROT: Proprio a me lo vieni a dire... mi brucia ancora... che figura ridicola... da allora non sono stato più me stesso

SATANA: Uhm... (sovrappensiero)

BELZEBU': Eppure l'idea era buona, direi perfino originale, anzi... "diabolica".

ASTAROT: Spiritoso.

BELZEBU': No, veramente, spargere l'odio fra due paesi, mettere due comunità l'una contro l'altra, incitarle alla violenza reciproca, scatenare una guerra fratricida, e per quale motivo, poi? per la conquista di un territorio? per appropriarsi di pozzi petroliferi? per imporre ad altri uno dei tanti "verbi" salvifici? Macchè... per la carcassa di un asino rognoso che avevi astutamente messo sulla strada dei luccianesi mentre questi si recavano in processione al paese vicino, facendo cadere la colpa proprio sugli abitanti di quest'ultimo!!! Insisto, la trovata era veramente diabolica!

ASTAROT: (si dispera) Che figura, che figura, e tutto per colpa di quel maledetto arcan...

BELZEBU: Zitto, zitto, che sta arrivando...

In quel momento entra nella stanza un individuo che sta facendo footing: veste una tuta sportiva grigia, con un asciugamano celeste intorno al collo ed ha alle orecchie le cuffie di una radiolina. é l'arcangelo Michele.

MICHELE: Salve cugini, come va, sempre a cospirare, eh?

BELZEBU: Salve "cugino" (ironico e un po' imbarazzato); e tu sempre in movimento, vedo!

MICHELE: Beh, sai, per essere pronto a rimediare ai vostri disastri devo mantenermi in forma... (si ferma e si siede al loro tavolo)...Posso?!?

BELZEBU: Prego, figurati...

MICHELE: Di cosa stavate parlando? Mi sembrate un poco nervosetti... qualcosa non va? devo, forse, essere contento?

 

ASTAROT: (piuttosto seccato) Oh, no! niente di particolare.

BELZEBU: (sovrapponendosi ad Astarot) Parlavamo di quella volta in Marana...

MICHELE: (raggiante) ... ah si, è vero...

Astarot lancia un'occhiata fulminante a Belzebù, il quale si rende conto della gaffe che ha fatto.

MICHELE: ...l'avevate pensata bella: portare la discordia fra due villaggi che da anni vivevano in pace fra loro... e poi, proprio nei giorni della Santa Pasqua, quando, come era usanza in quella terra, le due comunità si recavano in processione l'una in visita all'altra, in segno di pace e di riconoscenza... Che diavolacci che siete, ma, come sempre, avevate fatto i conti senza l'oste...

Mentre Michele parla, la scenografia sul palcoscenico cambia: sullo sfondo appare un gruppo di uomini in processione. é la confraternita di Lucciana che si sta recando in visita al tempio di Borgo. L'apparizione dei luccianesi coincide con la rievocazione dell'episodio fatta dai demoni e dall'arcangelo Michele, ma non è un ricordo. Quest'ultima esperienza è legata alla dimensione del tempo e al suo trascorrere; ma chi vive nell'eternità non può avere ricordi. Allora la processione che prende forma alle loro spalle rappresenta piuttosto l'allegoria dell'eterno ripetersi della battaglia fra Bene e Male: È, sì un episodio che si è verificato nel passato in un preciso contesto, ma nel momento in cui i demoni e l'angelo ne riparlano, esso torna a verificarsi, metafora di una tensione fra due poli opposti che non cessa di presentarsi in tutte le vicende umane.

-

SCENA II

 

é il Giovedì Santo. I luccianesi in processione verso Borgo conquistano il centro della scena. Apre il corteo Michelaccio, uomo di grossa corporatura e di aspetto feroce. Porta lo stendardo del paese di Lucciana. Seguono altri parrocchiani ed il pievano Bellicone - uomo grasso, amante del buon vino come di quello cattivo - che, sorretto da due parrocchiani, balbetta un Miserere.

Michelaccio, coperto dallo stendardo, non vede un grosso corpo disteso lungo la strada, vi inciampa e cade.

MICHELACCIO: Porco mondo, sia dannato D...

BELLICONE: Ehilà, miserabile peccatore, blasfemo di fronte a Dio e agli uomini, perchè imprechi in questa santa processione?

MICHELACCIO: Sono caduto, inciampando... ma in cosa?!? Una carogna?!?... È una carogna d'asino. Ma proprio qui doveva venire a morire questo pidocchioso quadrupede.

PIERON: No, non è morto qui. Dall'alto della collina ho visto alcuni borghigiani che armeggiavano con qualcosa. Ecco cos'era, la carogna di Baione, l'asino di Mengaccio. Questo è un affronto bell'e buono che ci hanno fatto in questo santo giorno.

MICHELACCIO: Siano maledetti i borghigiani per quest'affronto. Quant'è vero Dio pagheranno cara questa offesa.

BELLICONE: (barcollante e con la voce impastata) Lascia stare Dio, tu! E poi, come possiamo essere sicuri che siano stati proprio i borghigiani a stendere la carcassa di questo animale sulla nostra strada? Io credo che questa bestia, vecchia e malata, sia qui per puro caso. Forse sta solo dormendo.

PIERON: (con compassione mista ad ironia) Don Bellicone, evidentemente non dovrete più celebrare la messa di prima mattina... il vin santo vi fa male. Vi ho appena detto che poc'anzi ho visto un gruppo di borghigiani transitare di qui.

BELLICONE: (rivolgendosi a Michelaccio) Bene! ma anche se così fosse, non si può spargere sangue per compiere una vendetta... e poi proprio oggi, che nostro Signore è morto in croce per noi.

MICHELACCIO: Nessun spargimento di sangue. Vendicheremo l'affronto fatto a Lucciana trasportando Baione nella chiesa di Borgo: non è forse questo un asino borghigiano? e allora che abbia degne esequie nella chiesa di Sant'Appiano. Chissà che quel venerabile Santo, con la sua chiave miracolosa, non sia in grado di ridare la carica a Baione...

(risa del popolo; altri incitano Michelaccio all'azione)

BELLICONE: Fermi tutti: e voi avreste il coraggio di commettere un simile sacrilegio, un tale scempio nella casa del Signore?

PIERON: (rivolgendosi sornione a Bellicone) Purtroppo il Signore è abituato a vedere simili, e anche ben altri scempi nella sua casa, tanto a Borgo che... a Lucciana. Non è forse vero, Don Bellicone?

Bellicone arrossisce di vergogna e getta lo sguardo a terra. Michelaccio si mette a capo dei suoi uomini: caricano a spalle l'asino e si dirigono minacciosi verso Borgo. Bellicone resta solo, con la testa china. Forse prega il Signore; forse maledice se stesso per la sua quotidiana condotta lassista e dissoluta, che gli ha impedito di additare ai suoi parrocchiani il proprio esempio, così da fermare la missione punitiva. Cala la luce sulla scena.

-

SCENA III

 

Interno della chiesa di Sant'Appiano di Borgo. La carcassa di Baione è distesa sul cataletto con sei ceri accesi disposti lungo i lati della bara. Entra Falone, il sagrestano, vede lo strano corpo disteso in chiesa e, impaurito, fugge urlando.

FALONE: Mio Dio, il demonio, aiuto, aiuto... (esce urlando)

Poco dopo si affacciano alla porta della chiesa un gruppo di parrocchiani, visibilmente intimoriti. Non si decidono ad entrare. Fra di loro si fa largo a spintoni un omaccione, Strambone, che con fare spavaldo si dirige verso lo strano oggetto.

STRAMBONE: Largo, largo, donnicciole, di cosa avete paura...

FALONE: C'è qualcosa, o qualcuno, in chiesa: è mostruoso, forse è il diavolo in persona che è venuto a punirci per i nostri peccati.

STRAMBONE: Ma che peccati e peccati: ti pare che il diavolo venga proprio in chiesa per punire i nostri peccati. E poi non è mica lui che punisce i peccati, semmai lui ce li fa fare; e tu saresti il sagrestano: ecco cosa hai imparato in tutti questi anni al fianco di don Manfrino. E del resto... cos'altro potevi imparare... (ride). Fate largo, lasciatemi vedere.

(si avvicina a Baione con fare circospetto, sguaina una spada, lo tocca, capisce di cosa si tratta e si mette a ridere)

STRAMBONE: Ah; ah; ah... il diavolo; (poi rivolto ai compaesani) il vostro diavolo ha un nome (brusio generale), si chiama Baione, è l'asino di Mengaccio.

(stupore generale, rumori, qualcuno ride. In quel momento entra, ancora assonnato, don Manfrino)

MANFRINO: Cosa sta succedendo qui!

PANCOTTO: Don Manfrino, c'è da dare la benedizione a un defunto.

(Manfrino si avvicina con incedere incerto al defunto, ignaro che si tratta di un asino)

MANFRINO: Eterno riposo dona lui Signore, e splenda ad egli la luce perpetua... (si accorge che è un asino) Ma che burla è questa?! Chi è stato a compiere tale blasfemia?

PANCOTTO: Sì! chi è stato a offendere Sant'Appiano e a farci un simile affronto?

STRAMBONE: Hai detto bene: un affronto che è stato fatto a Borgo. Solo chi è invidioso di noi, della nostra storia e del nostro invitto coraggio poteva osare tanto. Chi sa di essere piccolo e pusillanime di fronte a noi... non avete ancora capito chi è stato?

(brusio generale)

STRAMBONE: I luccianesi, ecco chi è stato. Hanno voluto infangare la memoria e l'onore dei borghigiani.... (urla e improperi del popolo) ... ma non la passeranno liscia. Un simile affronto non può essere lavato che in un modo...

MANFRINO: Basta così! (prende il somaro e lo getta lontano) portate via dalla chiesa questa immonda carcassa e datele fuoco. Sarà il fuoco purificatore a lavare questa macchia, e non altro... ricordatevi che oggi è il Giovedì in cui Nostro Signore...

SORNACONE: (interrompe bruscamente il curato) Sì, porteremo via Baione, ma non lo bruceremo... (rivolto ai borghigiani) Non tratteniamo la nostra giusta rabbia. Sentite questi rumori? (si odono lontani suoni di corni, di tamburi, e risa scomposte)... sono loro, i nostri nemici: i luccianesi che si stanno facendo beffe di noi.

CIAPO: Sia chiamato il segretario comunale affinchè stili una denuncia formale da inviare a Bastia al Governatore...

SORNACONE: Ah... se potesse bastare un foglio scritto per sanare la ferita. I luccianesi non hanno offeso i borghigiani, non hanno offeso Sant'Appiano: sono rei di avere infangato la nostra storia, il nostro onore di antichi e valorosi guerrieri, e ve lo dimostra il rimbecco che ci stanno facendo. Pensate voi (rivolto al Maire) che un giudice bastiacciu possa lavare quest'onta con una sentenza? Solo la vendetta può riparare il danno. Solo così l'onore di Borgo sarà ripristinato. Sia guerra contro Lucciana!!!

(urla esaltate del popolo: si prepara la guerra)

SCENA IV
 

Il sipario si apre su un paesaggio di campagna. Entrano passeggiando San Michele e i tre demoni (con lo stesso abbigliamento della I scena). In lontananza si odono i colpi di fucile, le urla ed i gemiti, si vedono lampi di schioppi, insomma i rumori di una feroce battaglia.

MICHELE: (rattristato) Fu una carneficina.

ASTAROT: (ridacchiando) Già...

BELZEBU: Che spettacolo, vedere quei poveri "diavoli" ammazzarsi fra loro, con la carcassa del somaro sballottata da una parte all'altra, come se fosse stata un prezioso stendardo:
- “prendetevi Baione e questa palla...”
- “Non sia mai! Maledetti, per l'onore infangato di Borgo, pum, pum, il somaro è vostro...”
ah, ah, un vero spasso!

MICHELE: Potevate contentarvi di questo infausto risultato (con enfasi) ma voi no! Non siete mai soddisfatti...

BELZEBU: Guarda che non si tratta di questo... che la diatriba continuasse era inevitabile, era un fatto ineluttabile: gli uomini sono esseri "coerenti", il tuo Padrone li ha fatti così... per fortuna nostra. Se avessero subito bruciato Baione, una volta terminata la battaglia, da una parte i vinti e dall'altra i vincitori: tutto sarebbe finito. Ma la carcassa di Baione (ironico), povero somaro, era ancora lì, doveva pur essere vendicata, no?

(Michele fa un gesto infastidito dalla "logica" di Belzebù. Escono di scena)

(Entrano i borghigiani)

(Urla) Evviva, abbiamo vinto, l'onta è lavata. Torniamo a Borgo (ancora grida. Escono)

(Entrano i luccianesei, malridotti)

MICHELACCIO: La battaglia è persa, ma non l'onore. Comunque non è detta l'ultima parola. Baione è loro, e loro lo riavranno. Prendete l'asino, presto, taglieremo loro la strada passando per un sentiero che attraversa il bosco, e quando arriveranno a Borgo troveranno una bella sorpresa (prendono Baione e lo portano a Borgo).

-

SCENA V

 

Piazza di Borgo. Tornano i borghigiani dalla battaglia, festanti per la vittoria conseguita, ma, appena arrivati vedono il cadavere di Baione e si inferociscono.

PANCOTTO: Maledizione! ma come è possibile. Baione ci peseguita!

SORNACONE: Maledetti luccianesi, non è bastata la lezione che li abbiamo dato... presto, torniamo indietro!

PISCIARITTA: Fermi... dove volete andare, si sta facendo buio, e siete così malridotti.

(gli uomini si guardano fra loro; la stanchezza subentra alla rabbia. Molti sono feriti. Buttano a terra le armi. Le donne del paese cercano i loro compagni. Alcune gioiscono nel rivederli vivi, altre piangono e si disperano)

ROSA: Tonino, Tonino, dove sei ?

(cerca il marito fra gli uomini tornati. Sornacone incrocia il suo sguardo ansioso e impaurito; abbassa gli occhi. Rosa capisce che Tonino è morto. Vede poi il cadavere del marito e cade in ginocchio su di esso)

Vocero di Rosa
 

Sento intonare in piazza il lazzerone ;
Il can, che chiuse oggi Tonino, io sento
Che raspa forte, ed uggiola al balcone ;
Sento di mamma suocera il lamento.
Appronta, o mamma, la cappa, e il lenzuolo ;
Vieni, e appaja le mani al tuo figliolo.

Oh mio Tonino ! il cor me lo dicea
Che qualche guajo mi ti avrebbe tolto.
T’amava troppo, e sempre mi parea,
Che non t’avessi da goder di molto.
Ahi ! trista me, che t’avea tante cure,
E temeva il mal d’occhìo, e le fatture.

Io di mia man t’aveva impellicciato,
Per francarti dal gel, cappotto e saja ;
Io ti cambiava, quand’eri sudato,
Nè volea, che dormissi alla giuncaja.
Ma oh Dio ! che non potei, marito caro,
A colpo sì crudel metter riparo.

Oh ! dov’è andata quell’allegra ciera,
Quando stanco al tornar dalla vangata
Mi davi sì graziosa buona sera,
Trovavi pronto il letto, e la panata ?
Anco stasera i’ t’ho racconcio il letto;
Ma tu se’steso sopra un cataletto.

La cena anco approntai ; ch’avea pensiero,
Che tu tornassi; ma quando al camino
Cocea le foglie, in un ciocco di pero
Parlò la fiamma con tristo latino,
E si spegnette, e frisse con stridore :
Mi venne il giracapo e il batticore.

Ahi che n’ ebbi l’augurio anche jersera !
Sturbò il pollajo, e sbattendosi l’ale,
Cantò da gallola pollastra nera.
Io temea che venisse il temporale
Ne’ nostri grani, e desse volta il vino ;
Ma non che mi morisse il mio Tonino.

Chi detto me l’aría l’anno passato,
Che fenimo a Pasqua-rosa gli sponsali,
E venne da tre pievi il parentato,
E ci fu. Serenata, e spari, e sciali ;
Chi m’aría detto in chiesa, o alla travata :
Rosa con lui non finirai l’annata ?

Tu la mia gioja, tu il mio San Martino
Fosti, o Tonin, quand’eri vivo, e sano.
Non mi mancava nè olio, nè vino,
Nè sei mesi dell’ anno il pan di grano.
Avea’l gratajo, e le chiudende piene
Or tu se’ morto, ed io non ho più bene.

Non ho più bene al mondo, e in tante doglie
Non c’è chi mi soccorre o mi consola.
Non m’hai lasciato, o cor della tua moglie,
Per arricordo un bacio, una parola;
Lasciasti Rosa tra miseri, e stento,
Mammata sola, e il tuo fuoco spento
 
Le donne che si sono riunite intorno a Rosa sfogano tutto il loro dolore accanendosi sulla carcassa di Baione (urla delle donne). Gli uomini intervengono per fermarle.

SORNACONE: Ferme, ferme, cosa state facendo...?

PISCIARITTA: Facciamo quello che avreste dovuto fare voi fin da subito. Facciamo a pezzi questa maledetta carogna, e che il diavolo se la porti... (consenso delle altre donne).

STRAMBONE: No, ferme, questa carogna è destinata ai luccianesi...

(zuffa collettiva fra uomini e donne)

PANCOTTO: Basta così, ora! (ritorna la calma) Ciascuno rientri in casa. E tu, Scappino, questa notte farai la guardia a Baione; che nessuno si avvicini a lui. Domani porteremo a termine la nostra vendetta.

Tutti si allontanano. Restano soltanto Scappino e la carcassa di Baione. Poco dopo entra Filignocca, l'amorosa di Scappino, e lui intona la sua serenata

- SERENATA DI SCAPPINO -

 
O Spechiu d’e zitelle di la pieve,
O La miò chiara stella matuttina
Più bianca di lu brocciu e di la neve,
Più rossa d’una rosa damaschina,
Più aspra d’a cipolla, e d’u stuppone
Più dura d’una teppa, e d’un pentone.

Tu m’hai stringatu : struchiu a pocu a pocu,
Sò spitittattu, e au core achiu gran pena.
A notte un dormu, e achiu lu sangue in focu,
Cume manghiassi u piverone a cena ;
Lasciu andà le mio sciotte a gueru intornu
E un tessu mancu tre fattoghje au jornu.

Duve fai trischie u sabatu peu fornu
Eu bengu in nice di circà u vitellu ;
Ti facciu u cherchu, e ti vo sempre attornu,
Cume lu to agnellettu e cagnulellu.
Ami tanto u tò cucchiu. e u tò mertinu ;
E pò tant’odiu porti a me mischinu.

Se in cherciula dai cena au mannerinu
A sera, cogli in l’ortu l’insalata,
T’appostu, e tu ma’ nun mi voi bicinu.
Eppuru eo t’amu, e t’achiu sempre amata,
Fin da quandu era tantu chiuculellu
Ch’un m’arrivava a coglie au sumerellu.

Lasciava scumbià l’echie e l’agnelle,
Cullava a coglie e frutte sui chiarasci,
Cun tecu e mi jucava alle piastrelle,
E guagnandu bulea l’impatta in basci.
D’u morsu, chi per zerga a lu puchiale
Tu m’attaccasti, achiu ancu u mercu avale.

Un giornu, ch’ era in tempu di sighere,
E d’orzu novu si fecìa lu pane,
Tu cantavi a diana ; eo cun piacere
Sotto un sépalu stava ad ascultàne.
All’ impruvisu ti venne la tossa ;
Eo dissi : lisca ! e tu ti festi rossa.

Ti ricordi in quest’ultima nivata
Tiravi e tolle, e a u tò balcone supranu
Fecìa tra mezzu. all’ albe l’ affaccata.
Eo fecìa a bocca-risa un basciamanu.
Quelle sere eo benìa da te a bichiàne
E ghiucavamo insemme a scallamane.

Bengu spessu cu a cetra au tò fucone,
Mi arrembu a tene, e allor sò tutto in bena,
E’ sonu e cantu strunelli e canzone ;
Mi scordu di lu sonnu e di la cena;
U troppu, duv’eo sto, mi par di piume,
E nun mi curu d’acciecà di fume.

Ti dedi u core, o Filignocca ingrata,
E tuttu u meo ti sarìe prontu a dane.
U casciu, ch’a miò vacca bracanata
Mi fa’ gni jornu, eo lu bendu in citàne
E all’appiattu di mamma e d’e surelle
Ti ne accattu friscetti, achi, e curdelle.

T’achiu datu una reta crimisina
Cun quattru pendalucchi, infrisciulata,
Un cusacchinu a frange di stamina ;
Quandu lu porti pari una spusata.
In ghiescia la dumenica damane
Sì l’imbilia di tutte e paesane.

Bulentier. lascerie d’esse Scappinu,
Per esse u casacchiu, ch’eo ti dunai,
E stringhie lu to senu alabastrinu ;
E or chi durmendu in lettu ti ne stai
Oh fussi u cavizzale, o u cuscinettu
O u lenzolu supranu d’u to lettu !

FILIGNOCCA: Vieni Scappino, vieni con me (ammiccante gli tende la mano)

SCAPPINO: Dove?

FILIGNOCCA: Scioccone, devo essere io a dirtelo? (sempre più ammiccante)

SCAPPINO: Ma... non posso, devo fare la guardia a Baione...

FILIGNOCCA: (irritata) Preferisci la carogna di quell'asino a me?!? Vieni, sciocco, nessuno saprà che ti sei allontanato...

Scappino è perplesso, non sa cosa fare. Guarda Filignocca, poi Baione... alla fine segue la ragazza (escono di scena). La piazza resta deserta. Entrano in scena, di soppiatto, due donne, fermamente decise di sbarazzarsi di Baione.

CECCA: Bestiaccia maledetta, ora la faremo finita con te e con la guerra. Ti butteremo in un burrone, sperando che i vermi non abbiano pietà di te. Togna, prendilo per le gambe e andiamo...

(prendono l'asino ed escono di scena. Cala la luce)

(Torna la luce)

Poco dopo entra Scappino, con i vestiti fuori posto, ben soddisfatto delle ore passate in intimità con Filignocca. Non si accorge subito che Baione è scomparso. Si guarda intorno, un po' intontito

SCAPPINO: Mio Dio... il somaro (subentra il panico) Baione, Baione (urla, poi si zittisce) ... forse i cani se lo sono mangiato, Dio mio... e adesso che faccio...

(entra Pancotto, svegliato dalle urla di Scappino)

PANCOTTO: Cosa succede?!?

SCAPPINO: Baione... è scomparso, mi sono... ehm... assopito per pochi minuti. Quando ho riaperto gli occhi il somaro non c'era più...

(entrano in scena anche gli altri borghigiani. Si guardano sgomenti. Alcuni imprecano dalla rabbia. Ciapo, il Maire, ordina che si apra un'assemblea che decida sul che fare)

CIAPO: Paesani, è evidente, non sono stati i cani a mangiarsi la carogna di Baione. Qualcuno di voi l'ha fatta sparire e ora deve essere restituita affinchè possa compiersi la vendetta contro Lucciana.

MANFRINO: Basta con questa assurda guerra. Era Baione la causa del vostro odio. Ora non c'è più: Sant'Appiano ha fatto il prodigio e con la sua chiave santa ha voluto guarire le nostre anime facendo scomparire la carcassa di Baione. Oggi è il Venerdì Santo. Cristo muore per noi: prepariamoci degnamente al Santo Sacrificio...

STRAMBONE: Sì! ma esiste un solo modo per prepararsi al santo sacrificio: lavare l'onta che ci è stata fatta spedendo al Signore quante più possibile anime dei peccatori luccianesi, e io dico di fare subito una spedizione punitiva...

(Urla di approvazione)

CIAPO: Ma ci manca l'asino... é vero che la vendetta è come il sale: non marcisce mai. Ma senza Baione come faremo? Don Cecco, qual è il vostro consiglio...?

CECCO: Fratelli, invochiamo l'aiuto e la benedizione di S. Antonio, lui che fa tredici grazie al giorno, affinchè ci illumini su dove è stato trasportato Baione.

(Tutti si inginocchiano e pregano il Santo)

SCAPPINO: Zitti, zitti, ascoltate... (si ode il gracchiare dei corvi) ...S. Antonio sta già esaudendo le nostre preghiere... questi sono corvi che si stanno accanendo sulla carcassa di Baione... presto andiamo....

(escono tutti di corsa. Rientrano poco dopo con il corpo dell'asino)

PANCOTTO: Bene, che il corpo di Baione sia imbalsamato. Prima che il sole sia alto porteremo l'asino nella chiesa di S. Michele a Lucciana. é lì che deve stare, insieme ai suoi simili. Vedranno i luccianesi quale fine li attende se oseranno di nuovo insultarci.

(prendono l'asino ed escono di scena)

SCENA VI
 

Lucciana. Si vedono i resti di case dirute, di pagliai andati in fiamme. Baione penzola dai resti del campanile con un cartello appeso al collo: “Borgo a Lucciana dà l'agnello pasquale, onde rompa il digiun quaresimale”. Il paese è deserto.

Entrano San Michele e i tre demoni.

MICHELE: Quella notte non potevo non intervenire... appendere quell'orrido asino nella mia chiesa... è stato uno scherzo di pessimo gusto... pensavate di passarla liscia?

BELZEBU: Veramente noi non abbiamo fatto niente... una volta che Astarot ha acceso la miccia, il resto lo hanno fatto gli uomini da soli... Credimi in fatto di stupidità e di crudeltà non hanno certo bisogno dei nostri "suggerimenti".

ASTAROT: (divertito, rivolgendosi a Michele) Ho ancora in mente la reazione di quel povero prete, quando hai cercato di svegliarlo apparendogli in sogno: “Svegliati don Bellicone, i borghigiani hanno appeso Baione nella mia chiesa... togli quell'immonda carcassa”. Si svegliò tutto agitato e sudato, si attaccò alla bottiglia e tornò comodamente a dormire. Bella "visione mistica", la sua...

MICHELE: Lasciate perdere i miei servitori. Don Bellicone, è vero, non è certo un esempio di virtù, ma è pur sempre un uomo pieno di fede.

BELZEBU: Pieno di vino, vorrai dire. E comunque la colpa di quel che è successo è anche tua. Sei stato tu a scatenare quel terribile temporale per svegliare il tuo servitore "pieno di fede"... o di altro. é stato il temporale a gettare gli abitanti del villaggio nel panico.

MICHELE: (stizzito) Sì, ma non sono stato io ad appiccare il fuoco al villaggio ed ai campi.

ASTAROT: Nemmeno noi: hanno fatto tutto loro. I luccianesi credevano che le campane mosse dal vento segnalassero un incendio: sono corsi fuosi gridando "al fuoco, al fuoco", e così hanno dato l'idea ai borghigiani che erano ancora nei pressi. Il vento che avevi scatenato ha fatto il resto. E che sono sincero te lo dimostra il fatto che i luccianesi invocavano Sant'Agata perchŽ li aiutasse contro il fuoco. Mica è colpa nostra se quella sera la tua amica dormiva...

BELZEBU: é tutto vero. Guarda, una regìa così perfetta sfugge anche alla nostra capacità, alla nostra fantasia... certo che quando gli uomini ci si mettono, sono veramente diabolici...

MICHELE: Però, cosa mi dite di Don Patacca, che il vescovo aveva opportunamente inviato in Marana per pacificare gli animi, e della sua mula? (Astarot abbassa lo sguardo, diventa livido dalla rabbia. Michele lo guarda, gli dà una pacca sulla spalla e inizia a ridere divertito) ...dopo Baione, entrare addirittura nel corpo della povera mula del vicario... devi ammettere che hai voluto strafare... che figura, poi... (ride a crepapelle. Anche Belzebù, senza farsi vedere da Astarot, ridacchia. Intanto Astarot si contorce dalla rabbia).

(Escono di scena).

-

SCENA VII

Piazza di Borgo. Don Patacca arriva in paese a cavallo di una graziosa mula.

MANFRINO: Ecco il vicario mandato dal nostro vescovo

(accorrono tutti e riveriscono il vicario)

PATACCA: Vi benedico fratelli.

CIAPO: Ben arrivato, Monsignore. Il popolo di Borgo vi dà il benvenuto.

PATACCA: (scende dalla mula) Sono venuto a portarvi la benedizione del nostro vescovo e a sedare il contenzioso che dilania questo paese... portate la mia mula a pascere...(un borghigiano prende la mula ed esce di scena)... sarebbe peccato grave se nei giorni in cui Nostro Signore muore e resuscita, la diatriba sanguinosa fra i due vostri paesi non si ricomponesse (tutti ascoltano in silenzio). é arrivato il momento di siglare la pace con i vostri vicini, nel nome di Nostro Signore Gesù Cristo...

(In quel momento entra in scena Rosetta, la mula di Patacca, con in groppa legata la carcassa di Baione; i Borghigiani capiscono il brutto tiro che è stato fatto loro da Michelaccio e iniziano a bastonare la mula, che, posseduta da Astarot, scalcia come impazzita)

PATACCA: Fermi, fermi, maledetti, state uccidendo la mia mula.

PANCOTTO: Sono stati i luccianesi ad architettare questo ennesimo affronto. Non hanno rispetto neppure per la vostra mula... ma la pagheranno cara

(la mula cade esangue, in primo piano rispetto al resto della scena)

Mentre cresce la rabbia collettiva e don Patacca è chino su Rosetta, entra una delegazione di Lucciana guidata da Panzecul, ignara del brutto tiro giocato da Michelaccio.

PANZECUL: Reverendo Monsignore, siamo venuti in missione di pace. Saputo della vostra presenza abbiamo deciso che era ora di porre fine a questo scontro: siamo qui per ottenere la vostra benedizione.

PANCOTTO: é così che volete ristabilire la pace fra noi, infangando ancora il nostro onore (indica la mula e la carcassa di Baione).

PANZECUL: Lo giuro sul mio onore: ero all'oscuro di tutto. Deve essere stato Michelaccio... lui non era d'accordo nel riportare la pace fra noi.

STRAMBONE: Anche bugiardi...

(scoppia una rissa fra le due parti)

Mentre borghigiani e luccianesi si azzuffano, appare San Michele (questa volta indossa le classiche vesti angeliche, con tanto di ali e boccoli biondi). é invisibile ai contendenti. Con la sua lancia tocca la povera mula, la quale ha un sussulto ed emette un gran peto. Tutti si fermano ad osservare la mula. Dalla nuvola di fumo del peto appare Astarot (vestito di rosso, con tanto di corna e coda). Anche lui è invisibile ai contendenti. Fa qualche capriola ed è visibilmente imbarazzato per come è stato "espulso" da Rosetta. Michele ride e Astarot se ne va con la coda fra le gambe. La mula si rialza miracolosamente, libera dal demonio.

PATACCA: Guardate, Rosetta è guarita. Questo è un miracolo del Signore e dei suoi angeli. Popolo di Marana, ecco il segno che attendevate per suggellare la pace fra voi. Il Signore vi guarda ed è stanco della vostra assurda guerra. Sia posta fine a questa scelleratezza...

(tutti si inginocchiano commossi)

CIAPO: Ebbene, sia siglata la pace fra Borgo e Lucciana (urla di gioia, euforia collettiva)... La carogna di Baione sia sotterrata sul confine fra i nostri due paesi, e sia posta una lapide con incise queste parole: “Baion, ch'in questo comunal confine/fiero causò conflitto sanguinoso/qua e là portato e riportato, alfine/ebbe e qui diede altrui pace e riposo./O paesan, non v'appressar l'aratro;/alla pubblica pace è il suol sacrato”.

(urla di approvazione)

CIAPO: Sia ora data lettura del trattato di pace...

Mentre il maire legge il trattato, i personaggi escono lentamente di scena. Si presenta nuovamente l'ambiente della I scena. Ci sono di nuovo Michele e i tre demoni, ancora seduti al tavolo.

MICHELE: (rivolto ad Astarot) Un'ottima entrata, amico mio, ma che uscita... superba (ride divertito, Astarot è scuro dalla rabbia)...comunque, anche quella volta vi andò male, e così sarà sempre, cari cugini... (ironico) avete scelto la parte sbagliata. Ora vi saluto, devo mantenermi in allenamento (esce facendo la sua corsetta).

BELZEBU: Sì, è proprio il caso di dire che abbiamo fatto una figura di merda!

SATANA: Comunque... non è detta l'ultima parola. Abbiamo ancora un potente alleato sulla Terra.

ASTAROT: Chi?!?

SATANA: Come chi? sciocco. L'Uomo... con il suo "libero arbitrio", come lo chiama qualcuno, o con la sua "stupidità", come la chiama qualcun altro.

ASTAROT: Già! l'Uomo...

 
FINE

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