La luce

Un lieve, fragile battito

I
Scivola nuda la notte sulla pelle.
L’acqua bruna del tempo
scende.
Piove la luna
ombre bianche,
onde azzurre di luce,
solitudini molto antiche,
resti di vita,
l’aria
Non ci sono più certezze.

II
Cristallo verde della sera.
Piangono gli occhi
ponenti che si estinguono.
Il cielo rosso
brucia immagini perdute.
Si fonde il fiato
in un tessuto di terra.

III
Densità della notte,
trasparenza schizzata
da colonne di luce,
profili d’un tempo
dove i colori stanchi della materia
ci restituiscono gli sguardi del sogno.

IV
Rosa del tempo,
sogno dell’aria,
instante preciso,
immobile.
Risorgi.
Braci agli occhi,
le labbra si spogliano.

V
Ritorni all’oblio.
Le ombre d’un giardino
non ti appartengono più.
Colonne vegetali,
rami di luce,
ferita grigia,
sangue.
Ci si ferma il vento.
Vi muore,
come un’onda vecchia,
il gesto di questa sera.

VI
Si stempera il colore,
ricomincia la luce
che si spande e dorme
nei limiti del bianco,
in cui ti guarda il silenzio.
Una voce che ignoravi
cancella nella sera
un lieve, fragile battito.

***

Frammenti

I
Pezzi di mondo, di me,
cristalli di luce,
vetri opachi,
rilievi,
oggetti dimenticati
che sfumano.
Improvvisa, un’incisione,
scoppia.
Tutto è bianco ed è notte.

II
Si smussano i contorni di questa pelle,
l’aria quieta tende il gesto per guardarti.
Si estende il vuoto,
si perde nel suo centro.
Intacchi la luce;
forse soltanto segnali d’assenza.
T’attende un’isola,
tu.

III
Si fende il mare,
onde nere s’allontanano
fino allo scoppio,
l’instante in cui confluiscono
le carene.
Rompono il cielo
rami di luce,
senza orizzonte.
Crepe.

IV
Non c’è strada.
Penombre dense
in un cielo trasparente.
Scritture del corpo,
tratti brevi,
nudi,
quasi inesistenti.
Frammenti di luce,
silenti,
inarrivabili.

V
Il vento ti spinge.
L’oblio di sabbia,
grigio,
taglia l’onda.
Monti scissi.
Intrecci.
Pieni mozzati.

VI
Il muro era uno specchio.
Ti solca il freddo,
la densità del vuoto.
Resti feriti,
orme di qualcuno che sei stato
rompono una pelle.
Si scuce il buio.
Il tatto è stanco
e piangi.

***

Vestigia

I
Cadono gocce di tempo,
ciglia in cui si conservano
quegli occhi lenti
che anelavamo.
Crepuscoli chiari,
immagini che ho dimenticato
e che m’accolgono.
Arcipelaghi sconfitti
si fondono e si disfano.
Ritorniamo all’assenza.

II
Totem d’acqua,
visi perduti,
invenzione della luce,
incubo remoto.
Si spande l’ombra.
Dita sconosciute
riscrivono
grumi di notte,
colori di sabbia,
miti.

III
Schizzo di blu,
specchio ampio di vento,
rompente pesante,
nudità,
rimasugli tremuli di te,
mentre ti raggiunge il buio.

IV
Fili di luce,
vestigia del mattino,
fiori stanchi d’aria,
gorghi che si calmano,
sfavillii di barca,
campi di nuvole;
ci battono labbra.

V
L’onda bianca scivola.
Di nuovo, pura,
l’isola.
Il mare si muove,
un pesce che non hai visto mai s’allontana.
Si sfilano gli enigmi della sera.

VI
Squame di luce,
miraggi che scendono,
città immaginate
che adesso occulti,
metalli liquidi che si versano
e affondano,
chiazze di terra,
rumori di cieli antichi
che ammutoliscono nell’acqua.

***

Estinzione della luce

I
Vela di fuoco,
pieghe d’aria ardente,
tenue tessuto che si disfa.
Precipizio di luce
che nutre i tuoi occhi.
Dio ancestrale.
Pelle della notte.
Cala l’onda,
il battito.
Ti trascina la vertigine.

II
Dietro il rosso,
sotto il magma del tempo
che discende,
intuisco il crepuscolo.
Fiamma spezzata,
tatto ferito,
rovente.
Confini di cenere,
ombre,
tracce bianche
di sguardi.

III
Orizzonte incandescente che scorre.
Palpitava il respiro
quando il corpo
si generava.
S’estingue l’universo
in occhi che ci osservano,
dentro te.
Eravamo isole di fuoco,
gesti inerti perdurano.

IV
Persisteva la luce
consumante materia.
Si stancavano le forme,
il sogno.
Vecchia immagine del mondo
fendeva il dolore.
Cresce il silenzio.

V
Metallo fuso di ponente,
nuvole magre,
rotte azzurre.
Tremano i ricordi.
Oltre la luce,
affondano i muri verdi.
Fiori asciutti.
I tuoi occhi,
ignei,
non sono più specchi:
annegati in un mare di cenere.

***

Il tatto e la frontiera

I
Flessioni del tempo,
ritorni,
il gesto aperto d’un corpo
che adesso ti commuove
e che sognavi.
Il velo disegna il peso leggero dell’aria,
una tessitura fragile.
La luce si stinge
dietro un muro trasparente.
La pelle fervente,
il tatto e la frontiera.

II
Paesaggio chiuso,
il telo - prigione, riparo -
t’allontana un volto
che immagini bellissimo.
Il sogno cresce
cercando invano una pelle che t’accoglie,
occhi occulti che senti
come t’interrogano.
Le ombre non capiscono
né cessa il loro respiro.
La donna bruna ti dice la sua mano,
ne vivi la linea
e ne senti già nostalgia.
Batte il mondo
antico,
avido di vita.

III
La luce si spettina;
lascia al tuo corpo
ombre lunghe, nudità.
Come un bacio vezzeggia
e i vecchi limiti si stringono.
Le tue labbra si aprono;
vi si districa un sorriso,
calori perduti.
Onde bianche discendono
perché il gesto risorga.

***

Giardino chiuso

I
La morte profonda dorme
ed ora il mondo ricomincia.
Tra le foglie trema
una luminosità stanca.

II
Ascolto il tempo
che si allenta.
Pennellate di luce,
silenzi vegetali,
radici incerte.
Una finestra da
sul vecchio giardino.
Onde d’aria.

III
Esilio d’ombre.
La notte precipita.
Battiti di terra,
tracce.
È l’ora del ritorno,
la ferita della sera.

IV
Sentieri sognati,
echi schivi
d’occhi.
Odore di terra bagnata.
Discende il cielo
verso il giardino chiuso.

V
Un fiore quotidiano,
l’impulso della vita che sveglia
tutto il peso de la storia.
La pelle fine dell’aria.
La sera è un rifugio,
una nuvola che respira.
Nudo di me,
t’immagino.

VI
Questo spazio è intimo.
Il dolore delle ombre
arieggia i muri.
Paesaggi trasparenti,
ha la forma dell’acqua
e i rami lo fendono.
I colori della frutta
riempiono d’onde il cielo.

VII
Senti come la linfa raggiunge
il tocco delle foglie,
le labbra della luce
sui rami.
Guardo il giardino
e ti vedo nelle gialle uva di fiori,
e so il tuo nome
e l’ora in cui ti ritrovo.
Porto un vestito di stelle stinte.
Le mie mani t’aspettano.

***

La pelle

I
Riposa il corpo,
la pelle resta addormentata.
Si spargono i capelli
con il canto della luce,
sul bianco delle lenzuola.
L’universo s’espande;
il fuoco e il vuoto l’abitano.
M’accompagnano
i cicli di ponente
e il tuo gesto fiducioso.
Il fango umido del tempo batte,
respira nella nudità del sogno.
Ti guardo e sono
un campo di grano
che dondola il vento.
Posso sentire come rompono le onde.

II
Quando il giorno si spoglia
cerco il cuore delle cose,
conservo gli occhi tra gli astri,
bacio le labbra del vento.
E il mondo si muove
come un albero che cresce
e il paesaggio si allontana.
Quando il giorno si spoglia
s’addormenta sulla pelle,
nei fragili ricordi.
Solo le tue mani
m’accolgono.

III
Ricerco i tuoi piedi
con un gesto di tenerezza,
intuisco le vie e le ferite,
i freddi e le fatiche,
portandoti oltre te,
dalle mani che conosci.
T’immagino nella sabbia,
il tocco blu dell’acqua a leccarti.
Muore il mondo.
Ti ricordo nella pelle
che adesso imparo ad amare.