ARCHIVO DEI DIARI

 

 

Milite ignoto quindicidiciotto
uno spettacolo di Mario Perrotta
collaborazione alla regia Paola Roscioli
luci e suoni Eva Bruno
organizzazione Silvia Ferrari
foto di scena Luigi Burroni

 

LO SPETTACOLO
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E chi scende da qui? Ci misi giorni di fatica e bestemmie a salire, tra cadaveri maleodoranti e rocce e grida di morte, ci misi l'orrore stampato negli occhi e il coraggio, tutto questo ci misi, tanto che adesso non scendo! Resto quassù.
Che poi, se anche scendo, nessuno mi può riconoscere, che la faccia me la fece saltare un mortaio e la voce fu graffiata da schegge. E il mio nome sparì dalla testa quando fu il grande scoppio. Lo scoppio che tutti ammazzò qui all'intorno. Tranne me che, però, non so più chi sono.
A volte mi paio uno, a volte un altro... Io sono uno, nessuno e tutti quelli saltati per aria, morti sparati, alla baionetta, asfissiati di gas e ghiacciati di freddo. Che tutti me li sento addosso e mi credo nei loro pensieri. Certo, alle volte, penserò di sicuro coi miei veri sentimenti, ma non so quando. Perché io mi ignoro. Sono ignoto persino a me stesso, figurati al mondo!
Ma io, il mondo, lo aspetto qui sopra, in trincea - tutto lo aspetto - che il mondo tutto è coinvolto. E questa è l'unica cosa che ricordo: che sono in guerra, una guerra enorme, mondiale addirittura e io - io che non so più chi sono, da dove vengo e chi mi ha messo al mondo; io sconosciuto anche alla sola madre che mi resta, la Madre Patria - io per essa, la patria, giurai di morirmene, proprio come le altre 90.000 tonnellate di muscoli e ossa, morte prima di me. Io non scendo!

NOTE DI REGIA
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Ho scelto questo titolo, Milite Ignoto, perché la prima guerra mondiale fu l'ultimo evento bellico dove il milite ebbe ancora un qualche valore anche nel suo agire solitario, mentre da quel conflitto in poi, anzi, già negli ultimi sviluppi dello stesso, il milite divenne, appunto, ignoto. E per ignoto ho voluto intendere "dimenticato": dimenticato in quanto essere umano che ha, appunto, un nome e un cognome. E una faccia, e una voce.
Nella prima guerra mondiale, gradatamente, anche il nemico diventa ignoto, perché non ci sono più campi di battaglia per i "corpo a corpo", dove guardare negli occhi chi sta per colpirti a morte, ma ci sono trincee dalle quali partono proiettili e bombe anonime, senza un volto da maledire prima dell'ultimo respiro. E nuvole di gas che coprono ettari di terreno e radono al suolo interi battaglioni senza un lamento. E aerei che scaricano tonnellate di esplosivo dal cielo e navi che sparano cannonate a centinaia di metri di distanza. Uno sparare nel mucchio insomma, un conflitto spersonalizzato in cui gli esseri umani coinvolti, sono semplici ingranaggi del meccanismo e non più protagonisti eroici della vittoria o della sconfitta.
E proprio per questo - come sempre accade nel mio lavoro - andrò controcorrente e la mia attenzione sarà diretta alle piccole storie, agli sguardi e le parole di singoli uomini che hanno vissuto e descritto quegli eventi dal loro particolarissimo punto d’osservazione, perché questo è il compito del teatro, o almeno del mio teatro: esaltare le piccole storie per gettare altra luce sulla grande storia.
Ringrazio di cuore Pier Vittoria Buffa per il suo prezioso e originale lavoro che ha dato vita al sito internet La Grande Guerra, i diari raccontano (espressonline.it/grandeguerra/), sito che ho rovistato a piene mani e senza il quale questo spettacolo non sarebbe potuto nascere e Nicola Maranesi, per la cura dello stesso sito insieme a Pier VIttorio e per il suo libro Avanti sempre (ed. il Mulino) che mi ha suggerito il taglio emotivo dello spettacolo stesso.
Mario Perrotta